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Con i soldi in testa

Ciao a tutti i nostri followers! Questo di stasera è un piccolo pezzo che ha scritto Litgin, il nostro nuovo revisore!
È anche un ottimo scrittore, e da questo pezzo riuscirete anche a capire il perchè!
A marted' con il nuovo capitolo di Hoenn's Crysis!


Andy Black.

P.s. Chi non risponde al sondaggio a destra ucciderà tutti gli shiny che incontra!




Le gocce di sudore rotolavano lente sulla sua fronte, impastandosi con la polvere e il terreno che gli sporcavano il viso. David prese fiato e si asciugò il volto con il braccio destro, mentre il sinistro si occupava di poggiare docilmente il piccone al suolo. Si piegò sulle ginocchia, cercando di donare sollievo, almeno per un attimo, ai suoi muscoli usurati dalla fatica e spossati fino allo stremo.
Erano mesi che lui e i suoi compagni continuavano a scavare per quel dannato tunnel. Mesi in cui David vedeva la luce del sole solo all’alba, quando dopo una scarsa quanto veloce colazione, usciva di casa piccone in spalla ed elmetto in capo. Ogni volta che raggiungeva il tunnel, sperava che quello fosse stato l’ultimo dei giorni necessari a concludere quell’opera. Si sarebbe chiamato Menferro, nome alquanto bizzarro, ma dovuto alle due città che avrebbe collegato: Mentania e Ferruggipoli. Entrambe, nonostante la vicinanza geografica, erano da anni oggetto di discussione di tutti gli abitanti, poiché mancavano di infrastrutture utili a renderle comunicanti tra loro.
Il tunnel Menferro doveva essere la speranza di tutti, dei cercatori, degli avventurieri, degli escursionisti e di tutte quelle persone che per motivi affettivi o di lavoro, si trovavano a dover percorrere qualche miglio di troppo per raggiungere una città estremamente vicina.
La Devon S.p.A. aveva preso la faccenda così a cuore che decise di finanziare il progetto e assumere due ditte di lavori di escavazione, una per città.
David, allora come oggi, era uno dei minatori della ditta situata a Ferruggipoli: la Platinum Corporation.
Non essendo un capo cantiere, non aveva ordini particolari, doveva semplicemente alzarsi ogni dannata mattina e scavare per oltre dodici ore.
Non aveva mai amato quel lavoro, ma era necessario per portare a casa la pagnotta. Lo faceva per Joel e Maly, i suoi due figlioli, e per Greta, sua moglie, che ogni sera lo accoglieva con le lacrime agli occhi, cercando in tutti i modi di tirarlo su di morale e dimostrargli l’amore che solo una moglie può dare. Era un gran faticatore, David.
Diede uno sguardo all’orologio da polso e si accorse che mancava poco alla fine della giornata lavorativa. Prese nuovamente il piccone e iniziò ad assestare qualche colpo deciso, proprio sotto una grande roccia, che si sgretolava a tempo coi colpi di piccone e che emetteva un suono grottesco, che rimbombava lungo tutto il tunnel. Un Machop raccoglieva i frammenti di pietra più grossi e li caricava su una carriola, che puntualmente trasportava fino all’ingresso.
David sentiva i muscoli indolenziti del braccio cedere, si fermò nuovamente. Prese fiato, le vene delle braccia pulsavano e le mani gli facevano un male atroce. Poi ricominciò a colpire a fondo la roccia.
 Pensò a tutto il tempo che trascorreva lì dentro, si chiese a cosa servisse lavorare per la sua famiglia se poi non poteva godere le giornate con loro. Si rispose dopo qualche secondo. La parola giusta era “sacrificio”.
Sapeva che tutto ciò che stava facendo doveva essere la base sui cui avrebbe costruito un futuro roseo alla propria famiglia. Grazie ai soldi che guadagnava avrebbe potuto comprare a Joel tutti gli oggetti indispensabili per diventare un allenatore Pokèmon, che era il suo più grande desiderio. Maly avrebbe potuto studiare per diventare una bravissima infermiera e lui avrebbe comprato una casa a Ceneride, dove ogni giorno si sarebbe potuto svegliare all’alba, non per lavorare, ma per andare a pesca, in compagnia del suo amico Machop. Sua moglie gli avrebbe cucinato deliziosi manicaretti e lui, per ricambiare, l’avrebbe portata in crociera sulla M/N ANNA.
Un pianto disperato portò David alla realtà.
Un Whismur correva verso di lui, con la mano sulle orecchie e gli occhi gonfi di lacrime.
David cessò di battere il piccone sulla grossa pietra, lo guardo con aria costernata. Il motivo principale per cui quei lavori duravano da così tanto tempo, era proprio il danno che provocava a quei Pokèmon. Spesso gli abitanti di Mentania e Ferruggipoli avevano dovuto ricorrere all’aiuto dei Rangers per riacciuffare tutti gli Whismur che, impazziti, scappavano dalla grotta e si riversavano nelle case, cercando un po’ di sollievo per le proprie orecchie.
David rifletté. In fondo quella era la loro casa, e loro da mesi gliela stavano distruggendo.
- Sarebbe il caso di smetterla – Una voce arrivò impetuosa alle orecchie di David, che alzò lo sguardo.
Era Mike, un esploratore che da tempo faceva capolino nel tunnel per osservare come procedessero i lavori.
- Creda che sia io a volere tutto ciò?- rispose David riprendendo il piccone in mano, ma senza continuare a colpire sulla parete rocciosa. Lo fissò, con gli occhi stanchi, analizzando. Viso porcino, occhi ridotti a fessure, barba incolta, cappello da alpino in testa. Tanto grasso corporeo e stivali da scalata.
David sospirò, poi ripoggiò il piccone per terra, senza sapere il motivo per cui lo avesse preso di nuovo. Era stanco, effettivamente, era troppo stanco.
Lavorare, sacrificarsi, andare avanti. Certo, lo doveva alla sua famiglia.
Doveva permettere a Joel di diventare un uomo, a Maly di diventare grande e bella come sua madre.
Voleva vedere il volto di Grace felice.
Voleva sentirsi fiero di se stesso, di tutto ciò che aveva combinato nella vita, per poter dire un giorno a suo figlio: “guarda, Joel, questo lo ha fatto papà”.
Si riferiva al tunnel, certo. La sua più grande croce, e contemporaneamente la mammella da cui surgeva il denaro che puntualmente si volatilizzava troppo presto.
- Sei sporco in fronte… - fece Mike, puntando con il dito grassoccio il volto smagrito del minatore.
David si limitò ad annuire. Nessun grazie, nessuna sorpresa, nessuna mano umida a detergere quel sudore sporco. Nulla.
Quel sudore era per lui la cicatrice della sua esistenza.
Lavorare, darsi da fare, sgomitare nella ressa, sperando in una vita diversa.
Con la felicità in testa, i soldi in tasca e quel piccone nuovamente tra le mani.

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