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The 25th Hour - Capitolo 6: - 8 ore e 34 minuti

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- Capitolo 6


 
- 8 ore e 34 minuti;

“Ancora tu!” esclamò Fiammetta, stringendo i pugni.
Si erano ritrovati davanti lo stesso uomo che era stato battuto nella Grotta delle Lanterne, con i vestiti totalmente inzuppati.
“Io non posso cedere” fece quello, stringendo la Pokéball vuota del Dragonair che gli fluttuava alle spalle, sinuoso ed elegante. “Non posso fermarmi. Jirachi mi serve”.
“Serve anche a noi! Salverà la vita di milioni di persone!”.

Ma non quella di Sonia...

“Non ho intenzione di combattere con voi. Vi chiedo solamente di levarvi dai piedi, lasciarmi prendere Jirachi e consentirmi di andare via” disse l’uomo.
“Ma nemmeno per sogno!” ribatté ancora Fiammetta. “Sarai tu a farti indietro!”.
“Non capite!”. L’incappucciato, che urlava accorato, fece sobbalzare Bernard. Il ragazzino fece un passo indietro verso Jirachi. “Dovete levarvi dai piedi!”.
Dragonair si pose tra i contendenti, con i suoi movimenti armoniosi.
Oliver sapeva quanto Dragonair fosse legata a Sonia. “Indra” disse poi al Pokémon, che si voltò. “Lo facciamo per Sonia”.
Pat analizzò rapidamente il poco spazio a disposizione, capendo che lì sarebbe stata parecchio complicata una lotta Pokémon. Pensò che avrebbe tranquillamente potuto creare un campo d’energia nel cervello dell’avversario ed espanderlo fino a che la sua testa fosse esplosa.
Lo avrebbe potuto ammazzare velocemente, e molte volte aveva ripreso suo fratello Tell dal torturare piccoli Pokémon selvatici quando erano bambini.
Ma la sensazione di essere la causa scatenante della fuga di un’anima da un corpo la struggeva talmente tanto da costringerla a ravvedersi: meglio la strada difficile ma pulita che quella semplice e piena di sangue.
“Fiammetta... dovresti usare un Pokémon buono per gli attacchi a corto raggio” suggerì la stessa Capopalestra di Verdeazzupoli.
Quella si voltò e la guardò, annuendo. “Blaziken qui è perfetto”.
Avrebbe lottato Pat, più che volentieri. Del resto era un’Allenatrice di pregevole caratura, che dopo anni di preparazione era arrivata a diventare il faro di Verdeazzupoli, assieme al suo gemello.
Ma c’era in gioco la vita di tutte quelle persone, quella di suo fratello in primis. Non poteva permettere che Jirachi fuggisse. O peggio, che sfruttasse i propri poteri per fare loro del male.
Quando Blaziken entrò in campo, in quel piccolo e ristretto spazio di circa venti metri quadrati, Indra attaccò velocemente, colpendolo frontalmente e facendolo cadere di schiena. Oliver non lasciò neppure il tempo al Pokémon Vampe di rendersi conto di ciò che fosse successo che ordinò a Indra di attaccarlo con Dragofuria. Uscì dalla sua bocca come una minaccia.
Il Dragonair prese a gettare il proprio corpo pesantemente contro quello dell’avversario, bersagliandolo col capo, col muso e con la possente coda.
“Indietro! State indietro! Pat, proteggi Bernard!” esclamò Fiammetta. “E tu, Blaziken, cerca di bloccarlo!”.
Lo spazio era poco e i movimenti di Dragonair erano dettati più dall’emozione e dal sentimento che dalla reale consapevolezza di ciò che avesse attorno: in quel momento l’unica cosa che contasse era sottomettere quell’avversario e prendere Jirachi.
Fuocopugno!” urlò la quella di Cuordilava, che vide il proprio Pokémon accendere la fiamme sul polso e colpire dritto sul muso l’avversario. Dragonair non sembrò accusare molto il colpo ma indietreggiò circa un metro.
“Vai con Schianto!” ordinò Oliver.
Dragonair si voltò feroce e lasciò che la sua coda frustasse Blaziken.
“Evitalo!” urlò Fiammetta al Pokémon. “Poi avvicinati rapidamente e usa Stramontante!”.
Blaziken saltò lo Schianto di Indra e s’avvicinò celere all’avversario, prima di colpirlo con un grosso pugno alla sommità della nuca.

Quello lo aveva sentito, Indra.

Ricadde per terra, accusando parecchio il colpo, per poi rialzarsi qualche secondo dopo.
“Ottimo lavoro, Blaziken! Ora Fuocobomba!”.
“Non farai niente al mio Pokémon con i tuoi attacchi di Fuoco! Indra, rimettiti in piedi e usa Tornado!”.
Blaziken eseguì ma l’attaccò non andò neppure a segno, complice la grande agilità del Pokémon Drago, perdendosi nell’aria umida del primo pomeriggio alle spalle dell’uomo, oltre la grande apertura nella parete rocciosa. Dragonair invece tramutò le proprie forze in vento e un vortice cominciò a girare all’interno della piccola camera. Jirachi guardava impaurito la scena mentre Pat e Bernard indietreggiavano spaventate.
Fiammetta invece restava avanti, ultimo baluardo prima della tempesta.
“Attento, Blaziken!” urlava la donna, ma la forza di quell’attacco gli provocò comunque parecchi danni senza poter fare nulla.
“Dobbiamo chiuderla, dannazione! Anche a costo di gettarvi giù da quest’apertura, dovrò vincere! Usa Iperraggio!” urlò l’uomo incappucciato.
Fiammetta spalancò gli occhi. Blaziken avrebbe dovuto indietreggiare, magari schivare, ma ciò avrebbe comportato un’altra cosa: quel raggio d’energia avrebbe colpito i suoi amici.
Guardò Pat, poi guardò Jirachi, pensò all’autoconservazione e quindi deglutì un amaro boccone: doveva sacrificare Blaziken, lasciando che fosse colpito.
“No!” sentì poi. Qualcuno urlava dall’esterno della sala, nel corridoio che precedentemente avevano percorso.
L’energia dell’attacco di Dragonair era quasi pronta a essere scagliata, dalla punta del corno che aveva sulla fronte, quando un forte Geloraggio lo colpì lateralmente, scagliandolo nella parete accanto, attecchendo un principio di congelamento.
“Devi stare fermo!” sentirono poi, e d’improvviso un giovane dal cappello bianco e gli occhi color rubino entrò nella stanza con un balzo, sferrando un grosso calcio sul petto dell’uomo incappucciato.
Quello cadde, perdendo l’equilibrio e sbattendo di schiena sul muro accanto a Indra. Si rialzò repentino, col cappuccio abbassato. Fiammetta vide quell’uomo di poco meno di quarant’anni, dagli occhi color nocciola e i capelli castani, ben pettinati. Sul suo volto due enormi solchi erano scavati, ad attestare la forte stanchezza.
“Ruby!” urlò Fiammetta, sorpresa.
“Forza! Dobbiamo prendere Jirachi e andare via! Dobbiamo salvare Sapphire!” disse il ragazzo. Respirava con la bocca, ansimava profondamente e stringeva le mani nei pugni.
Pat fece un passo avanti. “Dobbiamo mettere definitivamente fuorigioco questa persona... poi dovremmo combattere contro Jirachi”.
Ruby scambiò un’occhiata con Bernard e sospirò. L’uomo, ormai privato del suo cappuccio, s’alzò in piedi, in preda alla disperazione. Dagli occhi sgorgavano calde e sapide lacrime.
“Hey! Hey, Indra! Forza, dobbiamo rimetterci in piedi altrimenti Sonia non ce la farà!” piangeva quello. Il Dragonair scosse l’enorme corpo e lasciò cadere i pezzi di ghiaccio che si erano formati.
“Zuzu, forza, usa di nuovo Geloraggio!” urlò Ruby, mentre il suo MegaSwampert faceva il suo ingresso nell’ormai strettissima sala.
“No! Indra, evitalo!”.
Ruby fece cenno di no. “Afferralo con le braccia!” urlò poi.
Zuzu, strinse per il collo lungo e sottile Dragonair, schiantandolo nella parete e pressandolo lì. Poi caricò l’attacco.
“Usa la coda per non farti colpire! Pensa a Sonia!” urlava quello.

Fiammetta si chiese chi fosse Sonia mentre Pat abbassava la testa, sentendosi colpevole di qualcosa che sapeva solo lei.

“Che succede, Pat?” le chiese la rossa, mentalmente.
Non userà Jirachi per scopi loschi... lo userà per una persona a lui cara”.
“...”.
“Già... Ora è dura”.

Indra ascoltò il suo Allenatore e colpì il volto di Zuzu proprio mentre partiva l’attacco, facendogli spostare la testa verso destra: una lunga striscia di ghiaccio percorse l’intera parete, sfiorando Pat, Fiammetta e Bernard, che s’abbassarono repentini.
“Oh, diamine!” urlò il ragazzino, tenendosi la coppola sulla testa.
“Dobbiamo liberarci! Usa Schianto!” ripeté Oliver.
E con la coda colpì le braccia di Zuzu, che lasciarono il collo del drago.
“Blaziken, aiutiamo Ruby! Usa Calciardente!” urlò Fiammetta.
“E tu Gelopugno!” ordinò invece il Dexholder dal cappello bianco.
Fu una combinazione incredibile, con MegaSwampert che colpiva con un montante congelato e Blaziken che allungava la zampa inferiore infuocata. Agilissimo, Indra schivò i colpi e passò davanti.
“Bravissima, Indra! Ora usa Idrondata!”.
“Che cazzo hai intenzione di fare?!” urlò Fiammetta, guardandosi attorno e capendo che in un posto così piccolo quella mossa sarebbe stata devastante. Subito dopo il Pokémon Drago rilasciò una grande quantità d’acqua dal corpo sinuoso.
“Pat, fa’ qualcosa!” urlò Bernard, vedendo la grande onda correre verso di loro, pronta ad investirli.
“Non ci riesco!” urlò quella, terrorizzata. “Non ho abbastanza energia!”.
“Fa’ qualcosa, per Arceus!” le urlò ancora il ragazzino.
La ragazza strinse occhi e denti, cercando di scaricare tutta l’energia di cui era munita nell’animo per chiudere le porte all’avversario.
Chiuse gli occhi, sospirò, equilibro le forze interiori e quelle mentali e si concentrò sulle proprie mani, per creare una barriera, uno scudo su cui la minaccia si sarebbe potuta infrangere.

Ma non ci riuscì.

Era troppo consumata da quella storia, poco concentrata.
Non riusciva ad accumulare tutta quella tensione psichica e quando ci provò scoppiò debolmente e si dissolse, come una bolla di sapone.
Erano morti, probabilmente.
Rimase con gli occhi chiusi, aspettando il grosso schiaffo dell’acqua ma dopo un paio di secondi si chiese perché non fosse ancora stata colpita.

Aprì le palpebre: una grande sfera d’energia li aveva ricoperti e salvati.
Il verso di Jirachi, alle loro spalle, costrinse tutti a girarsi: era lui la causa di quella barriera d’energia argentea.
Tutti zitti e silenziosi, si voltarono nuovamente e videro la grande onda che s’infrangeva sulla parete psichica. Ruby indietreggiò lentamente, avvicinandosi a Pat.
“Sei stata tu?” chiese.
“No… è… è Jirachi”.

Il ragazzo spalancò gli occhi vermigli, cercando di fermare le palpitazioni. Ritirò Zuzu nella sfera e guardò poi Fiammetta, che era rimasta immobile, alle spalle di un Blaziken più che protetto.
Videro l’acqua scivolare in basso.
Le speranze dell’avversario erano scivolate dalla grande apertura nella parete della montagna.
Oliver era immobile, incredulo. Indra era ormai esausta per lo sforzo, distesa senza energia accanto a lui.
E cominciò a piangere, perché s’era effettivamente reso conto d’esser stato sconfitto.

Troppe avversità contro di lui.
Contro sua figlia.
Troppi avversari, troppo poco tempo e poca lucidità.
Era disperato.

E quando Pat vide quella scena non poté fare altro che avanzare d’un passo.
“Si chiama Sonia, hai detto? È tua moglie?” chiese.
Ruby guardò Fiammetta, come per chiedere spiegazioni; quella gli rispose facendo spallucce.
“È mia… mia figlia...” diceva quello, inginocchiato accanto al suo Pokémon. “E Jirachi mi serviva per curarla!” urlò, ancor più disperato.
Tutti si voltarono verso il Pokémon. Alle spalle di Bernard non c’era più nulla.
Oliver sospirò “È andato via...”.
Un attimo di silenzio e di panico. Ruby si girava attorno rapidamente, cercando segno del Pokémon, ma sembrava essere totalmente sparito.
“Come ti chiami?”  gli domandò Pat.
“Oliver. Oliver Jackson, e sono una brava persona che per tutto questo tempo ha vissuto nell’ombra della paura. Mia figlia Sonia ha un cuore malato. Necessità di un trapianto d’urgenza ma il cuore nuovo arriverà soltanto tra poco più di... nove ore...” disse, guardando l’orologio. “E l’operazione di mia figlia deve cominciare assolutamente entro otto giri d’orologio”.
“Solo un’ora...” osservò Fiammetta.
“Già. Per un’ora, una semplice ora, mia figlia morirà...”.
Ruby fece un passo in avanti, scuro in volto, col capo calato. Avrebbe voluto stringere quell’uomo in un abbraccio, rincuorarlo e cercare di fare il possibile ma rimase fermo.
Aveva paura e si riconobbe codardo ed egoista per non essere in grado di aiutare lo spettro della persona che aveva davanti.

Era morta la sua donna, che amava alla follia.
Come pugnali di cristallo infilzati nel cuore.
Come ingoiare schegge di ferro.
Due mostri avevano distrutto le loro case, e reso suo padre in fin di vita. Negli occhi aveva la figura di sua madre, che non dormiva da diverse settimane per più di un’ora a notte.
In cuor suo era realmente addolorato per quella bambina ma Jirachi serviva a lui.
Avrebbe vissuto col ricordo di quel momento per sempre.

Oliver fece rientrare Dragonair nella sfera.
Bernard guardò quell’uomo, grande e grossa, con le lacrime che colavano sul mento.
Su quel mento che non veniva rasato da più di due giorni.
Il primo si alzò in piedi e riconobbe di non poter fare più nulla.
Non poteva fare più nulla.
Avrebbe finito per girovagare ulteriormente per Adamanta senza una meta precisa.
Sonia stava morendo e lui aveva capito che l’unica cosa che doveva fare, in quel momento così delicato, era starle vicino.
Anche se aveva fatto il possibile per mantenerla in vita, sua figlia sarebbe morta lo stesso. La beffa bruciava forte nello stomaco e le lacrime amare ne erano la diretta conseguenza.
Pensò che forse avrebbe potuto pregare, per la prima volta, e sperare in un miracolo; aspettare quell’ora in più e attendere che l’aereo col cuore di Sonia arrivasse a destinazione.
Avrebbe passato quelle ultime ore accanto a lei. Aveva bisogno di tenerla al suo fianco quanto più tempo possibile. Gli mancava la sua voce, voleva vederla subito.
Si voltò e se ne andò, sparendo, sconfitto e disperato.

I quattro ragazzi rimasero lì, in silenzio, per quasi un minuto.
Si guardarono negli occhi, e Fiammetta fece rientrare Blaziken nella sfera.
“Beh... Ora che quell’uomo non ci metterà più i bastoni tra le ruote sarà più semplice catturare Jirachi... A proposito...” disse la stessa Fiammetta, con le mani sui fianchi. Guardò Pat. “Che diamine di fine ha fatto, adesso?”.
“È sparito...” fece Bernard, mentre Aipom saltava sulle spalle del ragazzo.
“Già” s’inserì Ruby, avvicinandosi ulteriormente alle due. Pat sorrise e guardò la parete alle spalle di Bernard, ancora scosso e silenzioso, quindi tornò a guardare Fiammetta e Ruby.
La rossa ebbe come l’impressione che Pat sapesse qualcosa in più a lei. Come se avesse la risposta da tirare come un coniglio fuori dal cilindro.
A testimonianza di ciò la moretta sorrise.
Fiammetta aggrottò la fronte. “Che sta succedendo?”.
Pat allargò il sorriso e guardò Bernard. Quello fissò la ragazze con occhi di circostanza.
“Bernard...” disse Pat.
Quello sbuffò e levò la coppola. La rivoltò e tutti videro cadere una Pokéball.
Spalancarono gli occhi, Ruby e Fiammetta.
Bernard voltò lo sguardo, a metà tra l’imbarazzo e l’irritazione. “Non ti si può nascondere nulla! Avrei desiderato un milione di Pokédollari e un nuovo banchetto per le bibite, meno pesante, con ruote rinforzate e un sistema frigo!”.
“Brutto ladruncolo!” urlò la rossa, afferrando la sfera con avidità. La rimirò per bene, il peso del Pokémon all’interno della sfera attestava che quella fosse piena. “Lo hai catturato tu?!”.
“Sì...” annuì l’altro, a testa basta. I capelli sulla testa erano arruffati. Manteneva il cappello con entrambe le mani. “Voi eravate girati. Volevo dare una speranza alla mia vita...”.
“Sei soltanto un ragazzino…” sorrise Pat, accovacciandosi davanti a lui e mantenendosi sulle spalle di quello. “Ci sarà tempo per dare speranza alla tua vita. E poi, guarda caso, avevo proprio voglia di regalare il mio carretto per le bibite d’ultima generazione a qualcuno” sorrise.
Bernard la imitò, con gli occhi spalancati.
“Dobbiamo andare” fece poi Ruby, sollevato dagli ultimi sviluppi. “Sapphire ci aspetta”.

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