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Andy Black - Unravel Me: 6. Sei (VI)

UNRAVEL ME.
ovvero risolvimi, nel senso di districami, sbrogliami.

UNA FRANTICSHIPPING (ma per finta) di Andy Black (ma lo sapevate).
 





Unima, Austropoli, Main Street, Atelier Automne, 13 aprile 20XX


Amore, sei atterrata?     22:00

Era ormai buio da diverse ore, quando un Ruby più che preoccupato per la sua donna le aveva inviato un messaggio. Aveva controllato diverse volte sul nuovo Blackberry che aveva acquistato.
Ora aveva due cellulari.
Lo schermo del computer illuminava il suo volto, mentre i minuti passavano lenti.
Poi il telefono suonò.
Era il portiere del palazzo.
Una certa Yvonne chiede di salire; è una bella ragazza dai capelli biondi e gli occhi grigi. La lascio passare?”.
Era lì per provare il vestito.
“Sì, grazie Alan”.
Sospirò e prese il cellulare, vedendo il led verde lampeggiare.

Amore, sei atterrata?     22:00
Sì, un paio d’ore fa. Ma ero stanca e sono caduta nel sonno più profondo che conosca. Tu tutto bene? Qui c’è un bel sole       22:28
Qui è notte. Sono ancora nell’Office       22:28
Lavori ancora?       22:28
Sì, sta appena salendo Yvonne per gli ultimi aggiusti da fare all’abito.      22:28
Yvonne?! La bionda?! Siete da soli?!       22:29

E poi l’ascensore si spalancò.
Non lesse neppure l’ultimo messaggio che Sapphire le inviò, preoccupandosi più che altro del fatto che quella dovesse camminare al buio.
“Aspetta! Aspetta, Yvonne!” fece il ragazzo, alzandosi immediatamente e scavalcando le sue Azzaro, che aveva scalzato qualche ora prima quando aveva addentato il sandwich con gamberetti e maionese e che non aveva neppure finito.
La luce si accese, mostrandola pochi passi davanti all’ascensore che ormai si stava chiudendo. Sorrise, inclinando leggermente la testa.
Teneva tra le mani una busta, di quelle di carta spessa che davano nei negozi d’abbigliamento.
“Bonsoir” disse, facendo un leggero plié e chinando il capo.
“Ciao, bionda” rispose l’altro, attraversando il corridoio tra le otto scrivanie per salutarla. Lei sentì le mani del ragazzo cingerle la vita e stringerle il fianco destro. Fu lei ad aderire col petto su di lui, stringendolo al collo.
Si scambiarono un debole bacio sulla guancia, prima che Ruby la allontanasse con un impercettibile movimento del corpo; trovò che fosse troppo amichevole.
Ed era stupido, perché nel senso animale della cosa, avrebbe voluto saltarle addosso.
Ma non era un animale. Era Ruby.
E aveva Sapphire ad aspettarlo.
Yvonne sarebbe dovuta rimanere soltanto una fantasia chiusa in un cassetto, come Fiammetta Moore o Sabrina.
“Come va?” domandò lei, avviandosi subito verso l’office, non prima però di levarsi le scarpe e camminare sul parquet a piedi scalzi. Sospirò, sollevata.
“Odio questi trabiccoli…”.
“Hai imparato parole davvero complicate, étranger…” la seguiva lui. Spense le luci nella sala grande per poi accendere quelle del suo studietto.
“Imparo in fretta… Mi spiace che abbia dovuto aspettarmi fino a quest’ora”.
Lui alzò gli occhi rubini, incrociando le onde del mare in burrasca racchiuse nei suoi.
“Ah, tranquilla” sorrise. “Non sono rimasto con le mani in mano. Cominciamo?” domandò.
La vide annuire e posare la borsa sulla scrivania di Whiteley, quindi accese il climatizzatore.
“Meglio che non ti ammali…” rispose lui, alla domanda implicita che Yvonne pose con lo sguardo.
Sbottonò i pantaloni e li sfilò. Le calza fasciavano le cosce e il sedere.
“Levo anche queste?”.
“Sì, via anche le calze, voglio lavorare sui tuoi volumi reali”.
Quella inarcò un sopracciglio. “Non sono calze contenitive, queste…”.
Ruby ridacchiò, raccogliendo i pantaloni dal pavimento. “Hai definitivamente imparato molte parole, qui a Unima”.
“Aiutami coi bottoni dei polsini” fece poi quella, dopo aver raccolto le calze e averle lanciate addosso al ragazzo. Senza tacchi, Yvonne era pressoché alta come lo stilista, che le si avvicinò prendendole la mano destra.
Era sottile e fredda, liscia e ben curata. La carezzò, fino a raggiungere il polso, coperto da un piccolo braccialetto d’oro.
E la ragazza intanto lo guardava negli occhi mentre, con la mano libera, sbottonava la camicia.
Ruby abbassò lo sguardo, evitando di puntare gli occhi sul bel seno raccolto nel reggipetto merlettato bordeaux e guardando le sue mani.
“Anche di qua” disse poi l'altra, alzando il braccio sinistro.
Lui la guardò negli occhi e le liberò anche l'altro polso, per poi voltarsi. In quel momento c'era solo la sfilata.
In quel momento c'era solo il suo lavoro, il suo divenire, che doveva essere la cosa più importante. Niente Sapphire gelose, né Yvonne accaldate, soltanto lui e il suo sogno.
Si voltò e aprì un grosso armadio, prendendo l'abito dorato avvolto in una custodia sbiadita di plastica trasparente.
“È quello?” domandò la bionda, con le braccia lungo i fianchi. Ruby annuì, guardandola negli occhi. Tirò fuori poi il vestito e sorrise.
“Sono veramente soddisfatto” fece. Manteneva la stampella con una mano mentre con l'altra reggeva il centro dell'abito.
Interamente composto in tessuto dorato, il vestito faceva della sua semplicità un punto focale. Cadeva lungo ma un leggero distacco cromatico faceva pensare che quell'unico pezzo fosse uno spezzato. Due grosse fasce giravano attorno alle spalle, lasciando interamente scoperti il centro del petto fino all'ombelico.
“Provalo”.
Yvonne annuì, voltandosi e abbassando la testa, mostrandogli il collo.
“Slaccia” fece allo stilista, che col gesto rapido di una sola mano aprì il reggiseno. Poco dopo la schiena nuda della bionda si mostrava all'uomo, in tutto il suo candore Pochi centimetri sopra il bordo degli slip, la ragazza aveva da poco tatuato un simbolo giapponese.
Lo guardò per qualche secondo, prima di slacciare la zip del vestito e porgerlo all'altra, che lentamente lo indossò.
Di spalle, quella fece per aggiustare il pezzo davanti, quindi sorrise e si voltò.
Ruby era sconvolto.
“Sei... sei splendida”.
Yvonne avvampò. E non per quelle parole, che aveva sentito milioni e milioni di volte nella vita, quanto per gli occhi che indossava il ragazzo in quel momento.
Lui non guardava l'abito, e neppure il seno, scoperto per metà, che risultava terribilmente sensuale; no. Ruby la stava guardando negli occhi, profondi come pochi altri aveva mai visto in vita sua.
Vedeva le stelle e l’intero universo che, con l’intento di collimare verso l’infinito, si fermavano sulle sue labbra.
Quelle labbra che sapeva essere morbide e dolci come miele.
Carezzò con lo sguardo il collo, lungo, candido, profumato, che si tuffava educato in quel seno splendido. E poi ancor più giù, seguendo la linea alba fino all’ombelico, ornato da un piccolo piercing con brillante.
Il bordo dell’abito terminava la corsa in una V dorata, ma gli occhi di Ruby proseguivano, seguendo le linea delle cosce, fasciate dal morbido tessuto, prima di allargarsi sul pavimento.
“Davvero?” domandò quella, abbassando lo sguardo, timidamente.
“Davvero” fece l’altro, prendendole la mano e facendola ruotare lentamente. “Il vestito ti cade perfetto, addosso. Non credo che niente ti starà mai così bene…”.
“Che modesto” sorrise l’altra.
“Vuoi provare a sfilare un po’?”.
E così la ragazza partì davanti all’ascensore, con un leggero sorriso ammiccante e le mani lunghe sui fianchi. I capelli, sempre legati in una lunga treccia, danzavano dopo ogni suo passo, seguendo le anche e poggiandosi sulla schiena nuda.
“Bravissima” sorrideva Ruby, seduto proprio in fondo al corridoio. La vedeva arrivare in sua direzione, elegante e col collo allungato.
“Poggia bene i piedi e stai attenta a non inciampare. Così” sorrise ancora. “Bene, vieni qui in fondo e poi posa con le mani ai fianchi”.
“In questo modo?” chiese.
“Non parlare, ascolta solo. Perfetto”.
Yvonne era praticamente davanti a lui, con le mani strette sui fianchi. Guardò quindi verso destra, verso sinistra, e fissò Ruby negli occhi.
“Ora” fece l’altro.
Sorrise leggermente, la donna, quindi ammiccò.
“Perfetta”.
Yvonne si voltò e tornò indietro, calcando il corridoio tra le scrivanie come se fosse la passerella. Si fermò davanti all’ascensore, sempre col volto serio e gli occhi che bucavano lo sguardo di chi la osservava. Portò ancora le mani ai fianchi.
Quindi sorrise.
“Com’è andata?” domandò, col sorriso pieno di gioia.
Ruby applaudì un paio di volte, prima che il cellulare squillasse.
“Come ho detto prima: perfetta. Se non esistessi dovrebbero crearti daccapo, e comunque non riuscirebbero a farti così perfetta”. Neppure finì di parlare che già stava rientrando nell’ufficio, rapido.
Ma appena afferrò il cellulare in mano, quello smise di suonare.
Classico.
“Succede sempre così…” bofonchiò il ragazzo, alzando gli occhi e vedendo Yvonne sorridere a mezza bocca. Vide poi che aveva dei messaggi.

Yvonne?! La bionda?! Siete da soli?!       22:29
RUBY TI CONSIGLIO DI RISPONDERE PRIMA CHE TI STACCHI LA TESTA DAL COLLO       22:30
RUBY CAZZO TI STAI SCOPANDO QUELLA?!            22:30
RISPONDI PORCA TROIA!      22:31
RISPONDI! RUBY!      22:32
Non riesco a credere che tu mi abbia tradita con quella   22:33
Sto prenotando un biglietto per Unima e appena ti vedo giuro che ti ammazzo di botte  22:50
 Che ne dici di smetterla, brutta racchia?! Sto lavorando!   22:53
Mi spiace se non sono bella come Yvonne, ma conosco molti più modi di lei per ammazzarvi e farvi sparire nel nulla. Perché cazzo non rispondi al telefono?!       22:53
Cosa, del concetto STO LAVORANDO non capisci?!       22:53
Perché non mi rispondi al telefono?  22:53
S            22:53
T            22:53
O           22:54
L            22:54
A            22:54
V            22:54
O           22:54
R           22:54
A            22:54
N           22:54
Hai finito di fare il coglione?  22:54
D           22:54
O           22:54
Che poi che lavoro è vestire le modelle?! Sono troppo nude! Non posso vivere con questa cosa!  22:55

Il ragazzo poi alzò lo sguardo e sospirò.
“Permettimi una foto, signorina” fece alla bionda, che sorrise dolcemente, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Era veramente fotogenica.
Ruby scattò la foto e la inoltrò a Sapphire.


Yvonne non è nuda          22:55
22:55
Ha le bocce totalmente da fuori, Ruby!               22:56
Non ha le bocce da fuori, Sapph… È soltanto il vestito ad esser fatto in questo modo        22:56
Non mi piace questo vestito!      22:56
…           22:56
Non è vero… Probabilmente lo guarderei in una vetrina e mi sentirei male perché non ho il fisico per indossarlo      22:57

Ruby riacquistò il sorriso.

Il tuo fisico è perfetto, per i miei gusti. Le donne devono essere toccate, strette tra le mani. Le modelle sono quasi tutte mazze di scopa.    22:57

Poi alzò gli occhi e guardò Yvonne.

Chiamare Yvonne mazza di scopa è da pazzi… nonostante, quando la vedo, ogni cellula del mio corpo sia magneticamente attratta verso la prima arma bianca a disposizione, devo ammettere che ha un corpo assurdo. Se mi piacessero le donne le sarei saltata addosso.           22:58

Appunto.

Ora vado. Ci sentiamo quando torno in albergo. Ti amo.   22:59

“Hai inviato la foto a White?” domandò Yvonne, cercando di allungarsi il più possibile per raggiungere la cerniera. Voleva uscire da quel vestito.
Il ragazzo posò il cellulare sulla scrivania e l’aiutò, cercando di non sgualcire l’abito.
Fece quasi per voltarsi, Yvonne, ma poi ricordò d’essere nuda e quindi si bloccò.
“Ehm… Ruby… Puoi girarti?”.
“Sì, scusami” fece l’altro, sovrappensiero, voltandosi e andando nuovamente verso la scrivania.
Il led del cellulare lampeggiava: era arrivata la risposta della sua donna.

Ora vado. Ci sentiamo quando torno in albergo. Ti amo.   22:59
Ok. Stai attento e mi raccomando. Io ti vedo. Sempre.    22:58

Il ragazzo sorrise, facendo cenno di no con la testa.
Sapphire non sarebbe mai cambiata. E forse amava con tutto se stesso quella gelosia asfissiante, che lo costringeva in una morse dolce da cui non voleva uscire.
“Ecco... Puoi voltarti” sentì Yvonne, dall'altra parte.
Quello si girò, vedendola in intimo, mentre infilava i pantaloni.
“Va benissimo. Appena hai finito qui torneremo in albergo. A meno che tu non abbia altro da fare...”.
“Che dovrei fare?” chiese poi l'altra, alzando lo sguardo e sorridendo.
“Non ne ho idea. Hai qualcos'altro da fare?”.
“Mangiare” fece quella. “Ho molta fame e oggi non ho toccato cibo...”.
Ruby la immaginò davanti a una di quelle piccole insalate striminzite che aveva visto più e più volte davanti a Kimberly. Poi pensò al fatto che quella fosse di Kalos. Immediatamente la sua testa si collegò ai formaggi, ai vini e alle baguette.
“Se vuoi...” disse quello, spostandosi verso la scrivania. “Ho qui mezzo sandwich... Lo avevo preparato per Whiteley ma quella ragazza fugge sempre. Sembra avere qualche segreto...”.
Lo allungò verso la bionda, che aveva appena finito di chiudersi la camicia.
“Volentieri...” disse, addentandolo velocemente.
Piccole briciole di pancarré caddero sul pavimento in parquet.
E anche in quel modo, coi bottoni dei polsini aperti, in piedi con la zip dei pantaloni ancora spalancata e scalza, quella donna riusciva a mantenere classe e grazia.
Divorava quel panino come avrebbe fatto una principessa.
“A Kalos cosa mangiavi, generalmente?”.
Il ragazzo poi girò attorno alla scrivania, controllando per l'ennesima inutile volta le mail.
Quella masticava, con lo sguardo rivolto in alto, a scavare nella memoria recente. Si avvicinò, poi, facendo spallucce e accomodandosi sulla poltroncina di pelle che quello aveva davanti.
“Mah... non molto” scoppiò poi in un piccolo sorriso, pulendo col dito il labbro. “Non sono mai stata una mangiona, nel vero senso della parola”.
“Anoressia portami via...” sbuffò il ragazzo, spegnendo il monitor e poggiando la testa sul gomito, ben puntellato sulla scrivania. “Scusami... Non è una bella cosa da dire...”.
“Non sono anoressica...” fece, masticando un altro boccone. “Anzi. Quando vedo un piatto di bouillabaisse non riesco a resistere...”.
Ruby inarcò un sopracciglio. “E che diamine sarebbe?”.
Bouillabaisse... Non dirmi che non hai mai mangiato la bouillabaisse?”.
La vide sorridere, vedendolo spaesato.
Bouillabaisse” ripeté lei.
“Bouioaba... builliaba...”.
E lì rise.
Bouillabaisse”.
Ruby sbuffò. “Odio il francese”.
“Anche io. Comunque la bouillabaisse è una zuppa di pesce”.
“Ti piace il pesce?” domandò lui.
“Oh, sì!” rispose l'altra, addentando l'ultimo morso di panino. Leccò le dita e sorrise. “Sacrebleu... ci voleva proprio...”.
“Se vuoi ne prendo un altro alla macchinetta qui fuori” fece il ragazzo, fissandola negli occhi, prima di vederla abbandonarsi sullo schienale.
“No, no, grazie Ruby, non preoccuparti...”.
“E come ti sei ritrovata qui a Unima?”.
Lei sorrise, tirando quelle belle labbra e mostrando la dentatura perfetta. Sospirò e incrociò le braccia sotto al petto.
“Beh... è una lunga storia”.
“Non abbiamo molto da fare...” le rispose prontamente, alzando i piedi sulla scrivania.
“Sì, lo so”. La vide emularlo e mettersi comoda. “Beh… partii da Kalos tre anni fa…  In principio dovevamo essere in due a lasciare Bourg Croquis. Io e la mia amica Shana avevamo il… il sogno di Unima…”.
“Bourg Croquis?” domandò Ruby. “Sarebbe Borgo Bozzetto?”.
“Non ho idea di come chiamiate le nostre città qui, ma posso dirti che era un paesino piccolissimo sperduto tra le montagne. Ci sono cresciuta ma non mi trovavo bene…”.
“E beh, immagino. Una donna così bella che cresce in un paesino deve avere per forza di cose gli occhi di tutti addosso”.
Yvonne rimase un secondo a guardare gli occhi del ragazzo, sorridendo subito dopo.
“Sognavo di diventare una cantante, da bambina”. La donna allargò il sorriso e sospirò. “Volevo calcare i palchi e vendere dischi”.
“Sai cantare?”.
“Per niente”.
Entrambi risero. “Ma eravamo solo ragazzine che non sapevano nulla del mondo. Sognavamo”.
“E poi?”.
Yvonne tirò poi le gambe sulla sedia, cingendole con entrambe le braccia.
“E poi crescemmo, e trovammo l’occasione per venire a Unima, ma Shana si tirò indietro”.
“E tu partisti da sola”.
“Esatto” sorrise ancora, spostando lo sguardo in basso. “Pagai poco per il viaggio. Certo, attraversai l’oceano via mare, su una grande nave. Ci mettemmo tre settimane. Fu lì che conobbi Sergei”.
Ruby sbuffò, prima di sorridere, quasi deridendo l’interlocutrice. “Già… Sergei…  Su di lui ho un paio di domande”.
Lei rise di gusto, rimarcando quelle fossette che aveva accanto alle labbra. “Oh, no! Ti prego! È stato l’errore più grande della mia vita…”.
“Com’è stato possibile?”.
“E beh, diverso tempo isolati su una nave… Prima di venire qui lui era anche un bell’uomo, magro, con l’aria distinta. Persi la testa, lo ammetto…”.
“E me ne sono accorto…”.
“I russi sono cattive persone” continuò lei. “Non mi aspettavo fosse così violento. Cominciò quasi subito dopo esser sceso a fare uso di droghe pesanti… E quando era fatto diventava manesco. Mi ha rotto una costola, l’anno scorso”.
Ruby storse il muso, guardando in basso. Poi risollevò lo sguardo e sparò una domanda a bruciapelo “Ti drogavi anche tu?”.
Yvonne lo fissò, indossando una maschera cerea sul volto, finendo con l’annuire.
“All’inizio sì. Poi capii che non potevo andare avanti così e lo lasciai. Mi trasferii a Bellevie Avenue”.
“Che è il luogo dove c’è la comune… dove ti abbiamo pescato, in pratica”.
“Esatto”.
“Ma Sergei era lì”.
“Si è presentato alla mia porta due settimane prima. Diceva di esser cambiato, di aver capito i propri errori e di aver cominciato un processo di riabilitazione…”. I suoi occhi si alzarono quasi immediatamente, e un leggero sorriso coprì il suo volto. “Mi aveva portato un bouquet di rose gialle. Le mie preferite”.
“E poi? A me Sergei sembrava un disadattato”.
“Lo era. Ha preso possesso della comune, ha fatto sesso con tutte le donne che vivevano lì ed era sempre sotto effetto di ketamina… Era totalmente assuefatto. E l’ultima volta, quando, ringraziando il cielo, siete venuti a prendermi, aveva provato ad accoltellarmi… Voi siete i miei angeli”.
Ruby la fissò, sconvolto.
“Mi dispiace molto”.
Yvonne si limitò ad abbassare il volto.
“Non devi dispiacerti…”.
I loro occhi s’incontrarono subito dopo; costruirono un ponte d’empatia, solido e pieno di calore. Poco dopo entrambi si misero i cappotti e scesero, tornando nelle proprie stanze.

“E hai scelto te”.




PIC by EFFEDIEFFE.
Grazie Fefé <3

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