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Gaia Bessie - Still Alice: The annoying evidence of Moore’s Paradox - 21


Still Alice:
The annoying evidence of Moore’s Paradox
 
21.

Durante l’inverno del nostro ultimo anno insieme,
con amore
Alice

Gennaio.

I pensieri sono un mero prodotto della mente e, in quanto tale, non possono influenzare altro che non sia la sfera cognitiva

C’è uno specchio che distorce le ombre, nell’angolo della stanza, che racconta mondi diversi, Alice nello specchio, Alice attraverso lo specchio, Alice per sempre uguale. Ma non è così eterna, lei, quando si passa una mano sulla fronte e conta una ruga nuova.
Anche nel buio della notte che si appresta a finire, lei si intravede, un tratto di matita che si osserva allo specchio, cercando di mascherare un rossore che conoscono solo lei e l’oscurità. Ma che non riesce a far andare via in nessun modo.
Erano mesi, no anni, che non arrossiva in quella maniera, fino a sentirsi a disagio anche di fronte alla propria immagine riflessa.
Ha la camicia da notte che svolazza sopra le ginocchia nude, come guidata da mani invisibili, e l’unica cosa che lei riesce a pensare è che lui se n’è accorto ma, probabilmente, non se n’è reso conto.
Sono circa tre mesi che ha dovuto accogliere Adriano nel proprio letto, da quando aveva cominciato a svegliarsi in preda agli incubi. In quei momenti, Alice era inutile, ma ascoltare i deliri di Adriano l’aiutava a distogliersi dai propri.
Fino a quel momento.
Una serpentina rovente le aveva rovistato la pelle delle gambe, l’incavo del ginocchio, la parte più indifesa delle cosce. E le aveva sfiorato la pancia.
Lì, non era riuscita a non sobbalzare, e Adriano si era svegliato con la mano ancora lì, su di lei, in una familiarità che non avevano più da tempo.
Lui l’aveva guardata e si era voltato dall’altro lato, dandole la schiena. Non aveva più parlato, come lei d’altronde, ed erano finiti a scrutarsi attraverso lo specchio, di nascosto.
«Lis?».
La voce di Adriano la fa sobbalzare, con la camicia da notte alzata fino a scoprirle la pancia.
«Dimmi» sospira, ma assomiglia di più a un singhiozzo. «Hai bisogno di qualcosa?».
«Cosa era?».
Adriano ha la voce di un bambino sull’orlo di una crisi di pianto, e lei non ha idea di come consolarlo, non riesce nemmeno a consolare sé stessa.
«Nulla di cui debba preoccuparti» sussurra lei, dolcemente. «Non pensarci, non immaginare».
«Ma ti sei ferita» risponde lui, con gli occhi sgranati. «Hai… doveva essere una ferita molto grossa».
«Io… è stato allenando Altaria, un incidente» risponde lei, cercando di risultare noncurante. «Non ha fatto nemmeno così male».
Se sono così è colpa tua, pensa. Se lo dicesse, si sentirebbe in colpa, ma che male può provocare, un pensiero?
«Io… sono stato io, non è vero?».
«Ti ho appena detto che è stato un incidente» risponde lei, un po’ stizzita. «Non è colpa di nessuno».
Lui ride, nel buio.
«Non hai mai saputo mentire, Lis» sussurra. «E avevi detto che non lo avresti mai fatto, almeno, non con me. Quand’è che sei diventata tutto quello che odiavamo?».
Lei incassa il colpo disorientata.
«Io non ho…».
«Quand’è che sei diventata una bugiarda? Una donna senza cuore, o pietà» fa una pausa, sospirando. «Un’amante?».
Lo sguardo di Alice si fa duro come una pietra.
«No» risponde. «Quella no».
«Lo immaginavo» Adriano sorride ancora, nel buio. «Ho sempre pensato che tu fossi troppo bella per sfiorire tra le mie braccia».
«Io ho sempre pensato che tu fossi troppo teatrale, specialmente quando si tratta di difenderti da colpe che non dovrei sapere».
«L’hai scoperto».
Alice ride, e la cicatrice sulla pancia sembra pulsare di vita propria. «Sì, so di Rocco Petri» mormora. «E tu, quand’è che hai deciso di diventare tutto quello che odiavamo?».
«Un amante?».
Lei scuote il capo.
«Un bugiardo, un uomo senza cuore o pietà» sospira. «E, alla fine, anche un amante».
 

***

«Dovresti deciderti a scartare quei regali, Lis, Natale è passato da un pezzo» osserva Adriano, indicando una pila di pacchettini abbandonati su una poltrona. «I tuoi amici vorranno essere ringraziati».
«Già fatto» risponde Alice, laconica. «Fiammetta mi ha regalato sicuramente qualcosa per cui dovrei essere scandalizzata, Frida l’ennesimo orribile soprammobile di cristallo che romperemo entro cinque minuti dalla sua apertura, Drake qualcosa di potenzialmente esplosivo e…».
«E Rocco Petri?».
Lei non riesce a trattenere un sussulto. Vorrebbe mentirgli e dirgli che Rocco Petri non ha spedito nulla, niente di niente, non una lettera, nessuna scatola color acquamarina. Niente.
Ma lo ha fatto e lei sa cos’è, e non può mentirgli due volte nella stessa giornata.
«Rocco Petri avrà spedito l’ennesima roccia di merda, come ogni anno» sibila. «Cosa ti aspetteresti, da lui?».
«Non ti ho mai sentita usare la parola “merda” prima di oggi» ridacchia lui. «Cosa ti ha fatto Rocco? Escluso regalarti rocce di merda, intendo».
Ti ha portato via da me, e ti ha riportato indietro solamente quando hai smesso di servirgli.
«Un giorno ti porterà via da me».
Lui ride.
«Oh, Lis, non succederà mai. Io ti amo. E non vedo Rocco da mesi, ormai, non so nemmeno dove sia finito».
Lei cerca di ricambiare il sorriso di lui, ma ne viene fuori una maschera grottesca.
Oh, Adriano pensa. Alla fine hai imparato a mentire anche tu.
«Un giorno avremo una famiglia nostra. Dei bambini» lui sorride e, per un momento, le sembra quasi sincero.
Per un momento. Poi la cicatrice torna a pulsare e lei è costretta a tornare a vivere nel mondo reale, dove Adriano non si ricorda di essere scappato.
Non ricorda molte cose, ormai.
A volte, Alice pensa che sarebbe meglio se Adriano dimenticasse di averla mai conosciuta.



Voi non potete saperlo, ma sto consegnando questo capitolo esattamente 24 dopo aver riletto e consegnato il precedente. E ciò mi rende immensamente fiera, dato che solitamente sono tremendamente incostante.
E, finalmente, forse la situazione del capitolo precedente è diventata più chiara (o forse no, ma far passare Adriano per un maniaco mi diverte).
Spero che la storia vi stia piacendo e che riservi abbastanza sorprese.
Gaia

 

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